In natura si definisce un composto grasso: un complesso eterogeneo, insolubile in acqua e solubile in solventi organici. A temperatura ambiente, i grassi si classificano per diverse caratteristiche, ma noi ci soffermeremo solo su due delle quattro in questione: consistenza e origine. I grassi di origine animale, come il burro, si trovano in forma solida, a differenza dei grassi di origine vegetale, come l’olio, che invece si trovano in forma liquida. Il frutto dell’olivo, l’oliva, botanicamente è strutturato come una drupa, pressoché ellissoidale, dalla lunghezza variabile, avente anatomia come segue: epicarpo, mesocarpo, endocarpo ed embrione (o seme). L’epicarpo o buccia è di fondamentale importanza nel valutare lo stadio di maturazione del frutto, dalla quale si genereranno diverse categorie di classi molecolari: dalle clorofille (responsabili di una colorazione verde) agli antociani (responsabili di una colorazione brunastra). L’olio è diviso in sei classi merceologiche specifiche, come previsto dal Reg. CE 1989/2003, anche se noi focalizzeremo l’attenzione su due categorie in particolare: olio vergine di oliva (OVO) ed olio extra-vergine di oliva (OEVO). In primis, queste due classi si differenziano secondo un profilo aromatico, innescato dalla degradazione di acidi grassi poli-insaturi, pathaway noto come via della lipossigenasi. Dalle idrolisi dei trigliceridi ad opera delle lipasi, si genereranno gli acidi grassi polinsaturi, che mediante questa strada intermedia diventeranno i precursori di specifiche classi di molecole aromatiche, che rendono ogni olio particolare ed unico nel suo genere. In alcuni è possibile riscontrare toni e sapori di pomodoro (il cui responsabile è l’esanolo), mentre in altri si registrano note di piccantezza o erba sfalciata (il cui responsabile è il tran-2-esenale), così come in altre categorie ancora si registra una più marcata dolcezza, tendente al floreale (il cui responsabile è il cis-3-esenolo).
Gli indici qualitativi di un buon olio, categorizzabile in una delle due categorie sopra citate, sono:
- numero di Perossidi: che per entrambe le categorie deve essere ≤ 20. Questa analisi ci aiuta a delineare lo stato di ossidazione della componente grassa, reazione responsabile della generazione degli “off-flavours”, componenti aromatiche altamente sgradevoli;
- acidità libera: espressa in contenuto di acido oleico, il quale deve essere presente al massimo di 0,8 grammi per 100 grammi in oli OEVO, mentre al massimo di 2 grammi per 100 grammi in oli OVO;
- indici spettofotometrici: che prevedono l’assorbanza di due specifiche lunghezze d’onda (note con il nome di k232 e k270, molto utili nel determinare la chimica dei composti indesiderati derivanti dall’ossidazione della materia grassa (preventivamente analizzata mediante il numero di perossidi);
- panel test: assaggio mediante assaggiatori addestrati.
L’olio, nel nostro Cilento, e nell’Italia tutta, è motivo di orgoglio e di vanto, rappresentando una delle realtà gastronomiche dal notevole valore aggiunto, ma occhio alle etichette. Ottimo in cucina sia a crudo, io scelgo olio italiano, anzi, scelgo: “uoglio ru paesano, uoglio ru Ciliento”. Cilento, terra mia, quanto bella sei. Risorgerai anche tu!
parole di Annamaria Troccoli
scatto tratto dal web