E’ stata una piacevole ed interessante iniziativa quella di domenica 10 marzo al Parco archeologico di Elea-Velia, con la direttrice Giovanna Scarano che in questa giornata di sole ha voluto celebrare la giornata internazionale della donna con “La bellezza è femminile”, una vera e propria promenade attraverso i sensi. Vista, udito, olfatto, tatto e gusto, tutti coinvolti e stimolati, ma ve sono stati anche altri, di “sensi” ad essere stati sollecitati, altre corde intime ad essere state toccate: ed è proprio quello che ha inteso fare la direttrice, muovendo un monito, attraverso i valori della cultura, teso all’affermazione della dignità della figura delle donna; una dignità che è la donna stessa a doversi riconoscere partendo dalla consapevolezza delle proprie specificità di donna. In questo senso Giovanna Scarano, donna e archeologa, ha meravigliato i presenti mostrando dei reperti archeologici dando voce ai racconti e ai valori femminili espressi da quei manufatti antichi. Reperti quelli scelti proprio in quanto “testimonianze materiali aventi valori di civiltà”, in particolar modo testimoniali della sfera femminile e legati al ruolo della donna nell’antichità.
Tra le sue mani abbiamo ammirato un alabastro, un antico contenitore in pasta vitrea probabilmente proveniente dall’Egitto, il quale rimanda alla bellezza femminile, alla cura del corpo e ai riti di bellezza e di cosmesi, non solo prettamente femminili ma anche maschili. Quindi un breve racconto, anche con la lettura di passi, sull’antica arte profumiera, sulla storia e sulla nascita dei profumi. Tutto estremamente bello, interessante e avvincente. In questi piccoli contenitori venivano conservati oli essenziali o profumati, rose, mirra, incenso, canna dolce, mirto e quant’altro: odori e profumi che inizialmente costituivano le offerte votive alle deità e successivamente utilizzate per sacrifici o ritualità funerarie; poi ancora adoperati da atleti o guerrieri prima delle gare o prima dei combattimenti; usati ancora durante i simposi con finalità di purificazione e catarsi fino a divenire una vera arma di seduzione, eros, e potere.
Intervallati ed accompagnati dagli intermezzi musicali eseguiti dai giovani allievi dell’Istituto Musicale R. Goitre di Vallo della Lucania, la direttrice ha poi mostrato la riproduzione ingrandita di una tavoletta in avorio di manifattura etrusca ritrovata a Velia; una tavoletta che ben esprime il riconoscimento UNESCO dell’Area Parco quale “luogo di soglia e cerniera” – come recita il dossier di candidatura - in cui nel corso dei secoli si sono avuti scambi, interazioni e contaminazioni, naturali e culturali. Questa placchetta in osso è incisa con delle figure femminili, riconosciute come tali per la capigliatura acconciata, intente nell’atto di ballare, e verosimilmente questo applique doveva suggellare uno scrigno in legno utilizzato per custodire gioie o tesori.
Infine una meravigliosa Hydria per omaggiare il rapporto dell’antica Elea con il tema delle acque, a partire dalla sorgente consacrata alla ninfa Yele da cui ne prende il nome. Il vaso mostrato è a figure rosse e per l’appunto utilizzato per contenere e trasportare l’acqua, anch’essa simbolo di vita, di purificazione e legata al culto di Asclepio, il cui tempio si trova proprio alle pendici della fonte Yele e delle terme ellenistiche che ben presto dovrebbero tornare ad essere fruibili. Sul vaso una scena di combattimento con una figura vittoriosa che i suoi elementi distintivi - un arco, l’ascia bipenne e uno scudo a mezzaluna chiamato pelta – vi fanno riconoscere una donna guerriera, un’amazzone. Questa Hydria, nello schema narrativo di Giovanna Scarano, è stata significativa perché è servita a porre alla luce il dualismo dei valori femminili che vogliono la donna forte e delicata allo stesso tempo; bella e intelligente, forte e dolce, laboriosa ma anche oziosa.
E’ stata una mattinata molto piacevole ed estremamente interessante a cui ha partecipato un pubblico numeroso e variegato di donne e uomini, grandi e piccoli, da soli o accompagnati, ma solo per noi donne un cadeau da parte della direttrice, un biglietto in cui si omaggia la donna e l’operato femminile e, più ampiamente, un omaggio al lavoro quale forma di resilienza a prescindere dal sesso, dal colore della pelle, dal credo e quant’altro. Un omaggio all’handmade e a ciò che di bello e di buono si riesce ad esprimere attraverso le proprie mani, oggi così come nell’antichità, come testimoniano quei reperti che ci ha mostrato.
A margine, tra gli odori della macchia in tempo di primavera, un percorso di gusto nei prodotti dalle aziende agricole locali rappresentate dalla Filiera Cilento. Naturalmente filo conduttore è stata la mimosa, presente in più punti del Parco archeologico, il cui tipico colore giallo – che portò alla scelta di questo fiore come simbolo proprio perché di un colore senza sesso specifico – è stato sviluppato e proposto in varie forme: dall’olio di oliva delle Colline di Zenone assaggiato assieme al gelato della Tenuta Chirico e i suoi latticini col limone, i salumi della Macelleria Trama e ancora la polenta di mais rosso e ed i suoi biscotti al timo dell’azienda Monterberry ed infine il distillato di lavanda e di limone di Cilento – i sapori della terra.
parole e scatti di Sara Cammarosano