Gaetano Del Mauro la sua attività artistica è fortemente incentrata sui ritratti. Da acuto osservatore riesce a cogliere aspetti nascosti di uomini e donne che desiderano farsi immortale da lei. Infatti, le sue fotografie appaiono - agli occhi degli osservatori attenti - più delle opere d'arte che delle fisionomie. Come fa in una società dell'apparire a raffigurare l'essere delle persone? A fare trasparire la sostanza attraverso la forma?
L’essere è nel “ritrarre” le persone. Punto a capire il modo in cui le persone si piacciono.
I minuti che precedono lo scatto sono fondamentali perché ti permettono di interpretare la persona.
Trovo facile fotografare chi è abituato a farsi fotografare; sono consci dell’immagine che vogliono proporre perché vivono di quell’immagine.
Pensa che Emis Killa, fotografato due volte in 5 anni, mi propone sempre la stessa immagine, si piace così.
Invece chi non è abituato a farsi fotografare mostra anche un leggero imbarazzo, allora tu devi farlo sentire a suo agio per far sì che venga fuori il modo in cui vuole farsi vedere.
A ogni nuovo lavoro, ho sempre un entusiasmo ulteriore perché rifuggo dalla noia che non sopporto assolutamente.
Penso alla fila alla posta e attendo tranquillamente perché immmagino che compiere sempre le stesse operazioni per anni sia alienante.
Tra le persone che ho fotografato ricordo Fernan Ozpetek perché è stato l’unico che mi ha chiesto di vedere subito la foto. Ed è rimasto stupito perché non avevo usato le luci continue in un set completamente neutro. Infatti, io uso sempre la luce flash, il risultato non è visibile, puoi immaginarlo, questo sì, ho già idea del risultato che voglio ottenere, condividere.
Penso anche ad Alessandro Borghi che dopo anni utilizza ancora quello scatto un po’ dappertutto. Invece, Gabriele Salvatores, che emozione! E poi Garrone, rincorso un giorno intero per il Giffoni Film Festival e tantissimi altri.
Ho un’anima analogica. Nella mie vacanze uso ancora la macchina a rullino, stampo le foto e per condividerle le invio per posta, con francobollo. È una visione romantica della fotografia. È una sorta di romanticismo
Lei è figlio d'arte. Quanto sono stati importati gli insegnanti di suo padre?
Importantissimo. Ero piccolo, nell'angolo dello studio c'era un cubo enorme, da piccolo tutto è grandissimo, alto, arrivava al soffitto, era la camera oscura, il luogo delle magie, non arrivavo alle vasche dello sviluppo, al piano dell'ingranditore. Per darmi il suo punto di vista, affinché potessi affiancarlo in camera oscura, mio padre mi costruì una piccola pedana, così potevo osservare le stampe in bianco e nero attraverso il loro sviluppo, una magia. La fotografia per me è nata come fatto ludico. Io sono cresciuto nello studio. Stampare una fotografia in bianco nero era realizzare un piccolo miracolo. Alternavo la scuola di mattina al pomeriggio in studio. Osservavo attentamente come lavorava mio padre, un attento osservatore, preciso, mi stupiva il passaggio con cui riusciva a passare dalla passione per quello che faceva alla critica che metteva in luce gli errori commessi nelle fasi di lavoro, una critica costruttiva.
Con lui, ho imparato a realizzare i film in super 8, li montavamo con la moviola a mano, si tagliavano e si incollavano le scene. Consegnavamo i film a casa dei clienti, si proiettava il film di un matrimonio e di un'altra festa, ricordo i salotti con le sedie in fila, i cartocci di paste dolci, si montava il proiettore, lo schermo e la cassa per il sonoro poi buio... Avete presente Nuovo Cinema Paradiso? Ecco, era proprio così. Oggi, la tecnologia digitale per i film procede come per l’epoca analogica. Pochissimi usano ancora le pellicole perché molto costose. Questo mi ha consentito un passaggio naturale alla regia nei vari lavori. Uno dei lavori per il gruppo SNG Marriott Italia fu utilizzato da Ophrah show per raccontare Roma in una puntata del suo famosissimo show.
Il Gruppo 28 è dedicato alla brigata partigiana che liberò Scafati dai nazisti permettendo agli Alleati di proseguire verso Napoli. I partigiani di casa nostra erano i signorotti di paese, quelli che comandavano per intenderci, dalle testimonianze veniva fuori che avevano paura di perdere i loro privilegi a causa dei nazisti.
Ancora ho curato la fotografia del documentario “L’Africano” dedicato all'artista Franco Tiano, il cantore, custode delle tradizioni della Madonna delle Galline.
La sua vita professionale è ricchissima di soddisfazioni: ha realizzato Dorfes con Gillo Dorfes, collabora con il Giffoni Film Festival, con Ritratti di Territorio, per la SNG Marriot Hotel ha realizzato film ed illustrazioni. Ma sua attività è legata anche all'impegno civile. Infatti, è regista e direttore della fotografia per Tonino, film drammatico pluripremiato e apprezzato dal pubblico, che racconta la storia di Antonio Esposito Ferraioli, vittima innocente di camorra. Quanto è stata ed è importante dal punto di vista umano narrare quest'esperienza?
“Tonino” è stato un’esperienza notevolissima, diversa da tutte le altre. È stato un film fatto come si fa un film con una troupe di 20 elementi, la sensazione che vivevo è che stavo realizzando qualcosa di importante dove la fiducia che ti veniva accordata andava ricambiata nel modo migliore.
Ricordavo che negli anni la zona era considerata off-limits perché era stato il luogo dell’omicidio. Con il film ho provato a dare un aspetto positivo, una dignità, raccontandoli non come luogo di periferia, ma
come zona di lavoratori e di cittadini onesti che meritavano la loro parte di bellezza. Ho pensato che occorreva una visione distaccata, nonostante raccontavo la mia città di origine. C'era da raccontare una storia vera, tragica, una giustizia che arriva finalmente, 40 anni dopo.
Il palazzo che raffiguriamo è un’architettura popolare, ma è l’unico nell’Agro ad avere una scala così importante. Da piccolo pensavo: “Che bello abitare in questo palazzo”.
Infine, quali sono i progetti futuri?
I progetti futuri sono il mio presente. Continuo a fotografare per lasciare immagini ai ricordi futuri che è poi il compito puro della fotografia.
intervista raccolta da Maura Ciociano per Emmetag
scatto gentilmente concesso da Gaetano Del Mauro