UN PORTO, L'EQUINOZIO D'AUTUNNO E FRANCESCO DE GREGORI - Emmetag

Le transenne di un cantiere con un divieto affisso “Vietato fumare” circondano il palco, in alto tre fili di lampadine gialle danno un ulteriore tono folk al suono instancabile di un’armonica a bocca ed, infine, i riflettori rivolti verso un pubblico senza età ed un porto: un immagine già di suo carica di sentimento, ma che ogni anno a settembre rincara la dose con il festival “Equinozio d’autunno”.

È in questo scenario che lo scorso 3 settembre Francesco De Gregori ha “incantato”; con la sua voce instancabile e i suoi versi da cantastorie, ha avvolto il suo pubblico in una atmosfera nostalgica, di cambiamento, di dolce malinconia.

Il cantautore romano ha esordito con una serie di pezzi folk culminati nella cover di un pezzo di Bob Dylan, “Non è buio ancora” (Not dark yet), lanciato con una battuta che pare ripeta ad ogni concerto (visto che non ama introdurre i suoi brani gli riconosciamo lo sforzo): “Questa canzone è di Dylan, perciò, se non vi piace, prendetevela con lui!”.

Tocca allora a Lucio Dalla, preannunciato da quel riff unico di “Come è profondo il mare” (sì, proprio quello!) sul finire di “Santa Lucia” e subito prima di “4 marzo 1943”.

Prima e dopo il ricordo dell’amico e collega che aveva pubblicato con lui Work in progress, il “cantiere itinerante” che De Gregori porta ancora in giro per l’Italia non ha smesso di riproporre i grandi classici: “Generale”, in un arrangiamento forse un po’ “stanco”; “La donna cannone”, finalmente le note di un piano; “Buonanotte fiorellino”, compaiono margherite sulle grigie transenne.

Ed ecco servito il bis. De Gregori torna sul palco con un calice di vino ed una sigaretta, infrangendo il divieto alle sue spalle, abbandona per un attimo la vena nostalgica e ci porta in una dimensione intimistica. Suonano con lui “Alice” i figli, Marco e Federico, canta con lui la moglie, Chicca, “Anema e core” di Roberto Murolo (NO COMMENT).

Non ci sono percussioni a scandire il ritmo del tempo … e qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure… FINE.

Parole di Antonella Inglese

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